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QN - LA NAZIONE -uscita del 23/02/2016-

Parole vuote

La forza delle parole oppressa dalla nuova grammatica digitale

1 immagineFigli dei traguardi tecnologici ci sentiamo fortunati al pensiero che il web, le moderne piattaforme ci consentano in tempo reale di comunicare, imparare a relazionarci con chiunque, fosse anche all'altro capo del mondo, insomma di viaggiare in rete, dentro una community globale.

Certamente telefonia, informatica, elettronica, annullando tempi e spazi, hanno avvicinato gli uomini e favorito contatti e scambi altrimenti negati dalle distanze. Tuttavia il piacere di incontrare l'altro si va sempre più sostituendo con la rapidità della comunicazione e così confezioniamo messaggi essenziali, piatti, aridi più di un telegramma. Risultato? Un bel corto circuito! Sì, di fatto non parliamo più ma ci affidiamo ad un lessico incapace di restituire la forza e il potere delle parole, quelle che possono coinvolgere, emozionare, farci riflettere, condividere pensieri, idee, sogni, sentimenti, costruire relazioni. Acronimi come TVB, emoticon, simboli, in linea con i ritmi serrati dei tempi moderni, ci sottraggono lo spazio del dialogo, del confronto e dello scontro, ovvero quell’unica modalità che ci fa sentire vivi. Stereotipato com’ è il modo oggi più diffuso di comunicare, pur immediato, è freddo, indifferenziato, distaccato e soprattutto impersonale, perdendo perciò in enfasi, tono, ritmo, mimica, forza. Dimenticando la parola, svuotiamo di senso e valore sentimenti, impressioni e pure idee. Quando invece per secoli l'uomo si è raccontato attraverso la parola e inconsapevolmente ci ha regalato la possibilità di scoprirne unicità, storia, valori, animo e la medesima umanità che ci unisce. Per questo possiamo ancora oggi piangere insieme a Priamo la morte del figlio nella tenda di Achille e soffrire il suo dramma. Vivere l'angoscia dello smarrimento e della dannazione nel viaggio che Dante ci fa compiere nel suo inferno. Provare la stessa pietà di Nestore per lo spettacolo di morte dove non ci sono più né vinti né vincitori, indignarci di fronte alle ingiustizie subite dai tanti personaggi ideati dai grandi narratori e vivere la stessa impotenza degli “umili”, dei “vinti”, degli “offesi”. Insomma “sentire” è la chiave per riflettere e forse cambiare ciò che non funziona, dialogare per costruire, impedire la solitudine, l’individualismo che l’incomunicabilità genera. Infatti consolle, smartphone e tastiere hanno cambiato radicalmente il nostro modo di rapportarci con gli altri, trasformando i linguaggi nonché le nostre abitudini. Non ci incontriamo più, l’appuntamento naturalmente è su Whatsapp, Tweetter, Fb. come fossero luoghi reali e non virtuali, tanto che le nostre relazioni si riducono a semplici contatti impedendo quell’empatia che solo l’incontro reale può creare, quello scambio che ci rende umani e ci permette di conoscere e conoscersi. Ci isoliamo, disertando le occasioni più belle per condividere e fare esperienze comuni, quelle da ricordare e custodire nella memoria del nostro vissuto, su cui ridere e scherzare magari insieme agli amici più cari seduti fianco a fianco ad uno stesso tavolo di conversazione.

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Oltre lo schermo

SMS

Verità o finzione

Se le parole evocano, lasciano immaginare, danno voce al sorriso, al pianto, all’ira e ad ogni altra passione, quelle affidate agli SMS sono davvero autentiche, possono ricondursi all’universo più sincero di ciascuno? Secondo ricerche statunitensi sì, il filtro della distanza lascerebbe più spazio alla franchezza, alla libertà di esprimersi. Per qualcuno forse è più facile parlare attraverso un filtro, magari per nascondere le proprie debolezze e paure, per non esporsi e non rivelare la parte più intima della propria personalità. Servirsi degli SMS come uno scudo protettivo per celarsi è l’aspetto più inquietante che invece emerge dai sondaggi nazionali dove si denuncia proprio che non sempre ciò che scriviamo è vero. Avere un nickname su un social, non confrontarsi a viso aperto, può fornire il pretesto per mentire, enfatizzare, affascinare l’interlocutore, sentirsi onnipotenti. Il gioco della finzione rischia però di compromettere storie, relazioni, di favorire la chiusura di amicizie, perché, prima o poi, la verità emerge con prepotenza. Ma come capire la credibilità di certi SMS? Certo non sempre possiamo. E se applicazioni sofisticate possono smascherare false giustificazioni, non sono in grado di abbattere il muro invisibile dello schermo, scoprire la verità dietro like e commenti, o magari subdole, ingannevoli identità. Così la diffidenza diviene la nostra arma di difesa che paradossalmente mina le basi stesse delle relazioni umane e ne inquina la natura. Mentre i rapporti si corrodono, diveniamo incapaci di esprimere pienamente i sentimenti, ci sveliamo anaffettivi, sempre più sconosciuti anche a noi stessi.

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Ciao, come stai? Domanda fuori moda

Kontatto o relazione”: la trappola del touchscreen per giovani non più capaci di comunicare

Nel nostro primo anno di vita possiamo interpretare suoni e lingue diverse, anche senza conoscere la parola. Lo chiamano “apertura celestiale” questo periodo dove ognuno di noi ha più connessioni di quante ne avrà mai da adulto. Quando tale magia finisce tutti i nostri pensieri viaggiano su binari prestabiliti, per sempre. Così uno spot pubblicitario esalta le potenzialità tecnologiche che dovrebbero restituirci quelle capacità di interpretare il linguaggio, l’anima del mondo. Forse potrà essere vero, ma non possiamo dimenticare che la conoscenza, la comprensione passa attraverso l’esperienza diretta, il dibattito che non può certo ridursi allo spazio del web. Scienza e tecnologia superando i limiti stessi dell’immaginazione hanno abbattuto frontiere, aperto spazi inesplorati, conducendoci in un inebriante, folle viaggio nell’etere, ma hanno anche contribuito a disumanizzare il rapporto tra gli uomini, come sostengono recenti studi di psicologia. Ma come resistere al fascino di una video chiamata, quando siamo tanto affamati di meraviglie? Certo è difficile e sicuramente noi siamo i primi a rimanere incollati allo schermo senza socializzare anche quando stiamo insieme agli amici. Preferiamo i videogiochi penalizzando il rapporto e, aspetto ancora più temibile, annulliamo quanto di più autentico ci sia nel fascino dell' incontro: stare in ascolto. Diventa perciò raro e improbabile ormai chiedersi: ciao, come stai? Il nuovo amico con cui divertirsi, non avvertire la noia, con cui stare in compagnia è il cell.,pericoloso surrogato di un amico vero, che ci allontana dalla realtà.

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